sistemi previdenziali e pensionistici

Abbiamo già parlato di pensione e previdenza complementare ma ora vediamo più nello specifico di cosa si tratta e come comportarsi. Sappiamo che per aver diritto alla pensione occorrono determinati requisiti che sono l’aver raggiunto una determinata età anagrafica, aver versato per un periodo minimo i contributi previdenziali e naturalmente aver smesso di lavorare.

Rispettando questi tre requisiti fondamentali si ha diritto alla previdenza sociale obbligatoria. L’importo della pensione viene calcolato secondo i sistemi “retributivo” o “contributivo”, ossia l’importo mensile sarà calcolato in percentuale avendo come base del calcolo la retribuzione percepita o i contributi versati. Il sistema retributivo viene utilizzato per quei lavoratori che alla data del 31.12.1995 avevano versato almeno 18 anni di contributi mentre il sistema retributivo viene utilizzato per coloro che hanno iniziato l’attività lavorativa dal 01.01.1996. Per chi non rientra in nessuna delle due categorie verrà applicato un sistema misto, ossia verrà utilizzato il sistema retributivo per quanto versato sino al 31.12.1995 e quello contributivo per la parte successiva.

Quando si va in pensione si percepisce una rendita mensile. Facendo il rapporto tra la prima pensione e l’ultimo stipendio percepiti si chiama tasso di sostituzione che esprime la capacità del pensionato di mantenere lo stile di vita tenuto mentre era lavoratore.

Per chi è andato in pensione con il sistema retributivo il tasso di sostituzione rimane favorevole, ma si abbassa notevolmente per chi ottiene il pensionamento con il sistema misto e ancor di più con quello contributivo. La situazione peggiore però la vivranno il lavoratori precari in quanto solitamente  percepiscono retribuzioni limitate (e conseguentemente lo saranno anche i contributi obbligatori versati) oltre al fatto che i periodi di lavoro ed i contributi hanno interruzioni.

Con un tasso di sostituzione basso non vi sarà la possibilità di continuare a sostenere lo stile di vita precedente e l’unico metodo per continuare a mantenerlo è costruirsi una pensione complementare. Chiaramente questa forma di previdenza va costruita nel tempo e non ha senso attivarla quando si è prossimi alla pensione.

Abbiamo già detto quali sono le forme pensionistiche complementari (fondi pensione e PIP) e che l’adesione è su base volontaria, così come il versamento dei contributi.  I contributi che vengono versati confluiscono in piani di investimento e la rendita della pensione complementare sarà costituita dai contributi versati e dalla rendita ottenuta dagli investimenti. Per ottenere la pensione complementare necessitano gli stessi requisiti richiesti per la pensione obbligatoria.
Quindi se si vuole mantenere in futuro lo stesso tenore di vita andrà considerato sarà necessario ricorrere a uno dei sistemi integrativi, tenendo in considerazione il possibile rendimento, il trattamento fiscale che sarà effettuato sul
risparmio accumulato, le spese di gestione ed eventualmente il contributo che verserà il datore di lavoro.

Analizzando meglio queste voci possiamo dire che le somme che si versano nei fondi e nei PIP non sono soggetti a tassazione (sino ad un importo di €.5164,56), i rendimenti finanziari sono tassati all’11% (e non il 12,5% come gli altri investimenti) e le pensioni hanno un’aliquota compresa tra il 9 ed il 15%.

Al momento della cessazione dal lavoro il lavoratore ha diritto alla liquidazione (detta anche Trattamento di fine rapporto o TFR). La liquidazione è costituita da somme  di denaro accantonate mensilmente dal datore di lavoro e rivalutate secondo la Legge. Anche questa è una forma di investimento, seppur con tassi di interesse molto ridotti. Per questo il lavoratore può decidere se mantenere le forme versate mensilmente nel TFR oppure destinarle ad un fondo complementare

Per quanto riguarda il TFR il lavoratore ha anche la possibilità di chiederne un anticipo a condizioni e limiti predeterminati.

 

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